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Il linguaggio del bambino: le fasi principali dello sviluppo


Di Valentina Murelli
neonato

15 Settembre 2017 | Aggiornato il 07 Marzo 2019
I primi vocalizzi tra due e quattro mesi, la lallazione intorno ai sei, le prime paroline verso i 12 mesi: sono, a grandi linee, le fasi principali dello sviluppo linguistico. Anche se, è bene ricordarlo, anche in questo ogni bambino ha i suoi tempi.



Mamma, papà, pappa: tra i nove e i 12 mesi, in genere, arrivano le prime parole. Ma attenzione, anche in questo caso, come già con i primi passi, non c'è un momento fisso valido per tutti: ogni bambino ha i suoi tempi. "Ed è normale che sia così, perché lo sviluppo del linguaggio coinvolge la maturazione di molte competenze, come ascolto e discriminazione di suoni e parole, competenze motorie e di coordinamento, sviluppo cognitivo e affettivo", chiarisce la logopedista Eleonora La Monaca, libera professionista a Parma e autrice del blog
Mamma logopedista. Al di là della variabilità individuale, però, esistono fasi di sviluppo che portano, nel tempo, alla produzione del linguaggio. Vediamole.

Dai primi versetti alle prime parole

Nelle prime settimane di vita le comunicazioni del bambino passano tutte attraverso il pianto. Tra i due e i quattro mesi al pianto si aggiungono i primi vocalizzi e i primi suoni (per esempio il suono ghhh), mentre intorno ai sei mesi comincia la lallazione. Si tratta della ripetizione di sillabe formate, all'inizio, da una sola consonante e una vocale (ma-ma-ma-ma, oppure ta-ta-ta-ta) e, con il passare dei mesi, anche da consonanti diverse (ma-ma-ta, oppure ta-ta-na-ma). «In questa fase il bambino non ha ancora intenzionalità comunicative: è un allenamento motorio che, producendo suoni, gli dà il piacere di ascoltarsi» sottolinea La Monaca. Ed ecco, tra i nove e i 12 mesi, la comparsa delle prime parole, la cui produzione cresce progressivamente nel tempo, fino ad arrivare, intorno ai 18-24 mesi a un'esplosione verbale. All'incirca verso i due anni il bambino comincia a mettere insieme anche due parole ("mamma, nanna" oppure "mamma, pappa"), mentre intorno ai tre anni formula frasi intere, e può usare il linguaggio anche in riferimento a esperienze lontane nel tempo e nello spazio.

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Come stimolare il linguaggio dei bambini

La spinta a cominciare a parlare è innata, però mamma e papà possono fare molto per dare una mano, e stimolare in modo corretto la produzione del linguaggio. Ecco come.

1. Parlare molto

Vale fin dai primi giorni di vita del bambino e dovrebbe essere fatto «in modo contestuale, cioè con riferimenti continui a ciò che accada intorno e verbalizzando il più possibile ciò che si sta facendo o ciò che succederà immediatamente dopo» spiega La Monaca.

2. Parlare lentamente

Per facilitare la comprensione di suoni e parole meglio usare un ritmo naturale, ma lento e ben articolato.

3. Cantare

È un modo diverso, ma altrettanto utile, per rimanere in contatto verbale con il proprio bambino e per stimolare il linguaggio, che è fatto anche di melodia e ritmo.

4. Ripetere

Quando il piccolo comincia a produrre suoni (ghhh, bu-bu-bu ecc,) diventa un vero e proprio interlocutore: gli piace molto sentire i grandi imitare i suoi vocalizzi e rispondere "a tono", in un dialogo sonoro che può durare anche diversi minuti.

5. Leggere ad alta voce

"Per i bimbi più piccoli meglio libri semplici, che riportino brevi routines tipiche della loro vita (nanna, pappa, bagnetto) possibilmente accompagnate da illustrazioni semplici e ben definite" suggerisce la logopedista. Come hanno scritto i pediatri Antonella Brunelli, Stefania Manetti e Costantino Panza "studi scientifici hanno dimostrato che un bambino che ascolta molto i suoi genitori parlare e cantare, un bambino i cui genitori leggono libri con lui ad alta voce fin dai primi mesi, avrà un vocabolario più ricco, amerà i libri e, nel momento in cui andrà a scuola, avrà tanta voglia di imparare a leggere e a scrivere" (Quaderni ACP, 2013).

6. Non correggere troppo

"È sconsigliato chiedere di ripetere le parole con l’unico scopo di farle pronunciare perfettamente" afferma La Monaca. "Questa strategia non serve a migliorare le competenze linguistiche e rischia di innescare meccanismi di rifiuto nel bambino".


Anche con i bambini piccoli, va usato un linguaggio semplice ma corretto.

VIDEO: L'APPRENDIMENTO DEL LINGUAGGIO NEI BAMBINI

La dott.ssa Silvia Mari, logopedista, ci spiega come aiutare i bambini a parlare e quali sono gli errori che ostacolano l'apprendimento del linguaggio.

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Quando è il caso di preoccuparsi

Lo abbiamo detto: anche per quanto riguarda lo sviluppo del linguaggio, ogni bambino è storia a sé. È chiaro però che alcune situazioni possono essere fonte di preoccupazione per mamma e papà, per esempio se la lallazione è in ritardo o se, spenta la prima candelina, ancora il bimbo non dice alcuna parolina. Spesso non ci sono reali motivi di allarme, ma se c'è il dubbio che qualcosa non va è sempre bene parlarne con il pediatra, che potrà consigliare il da farsi (compreso, magari, un approfondimento con un logopedista).

In generale, le situazioni nelle quali è meglio rivolgersi al medico sono:

- Se il bimbo non emette alcuna vocalità entro i quattro mesi, o sembra non reagire ai rumori e alle voci;
- Se non c'è lallazione entro i 10-12 mesi o, a 12 mesi, la lallazione è molto scarsa; - Se a 18 mesi il bimbo produce meno di 15 parole (valgono anche parole magari inesistenti ma che per lui indicano chiaramente e in modo riproducibile un determinato oggetto, come bubu per cane);
- Se tra 18 e 20 mesi mostra chiaramente di non comprendere il linguaggio degli adulti (per esempio non esegue semplici richieste come "guarda cosa c'è sul tavolo");
- Se intorno ai 24 mesi produce meno di 50 parole;
- Se tra 24 e 30 mesi produce anche più di 50 parole, ma non ne combina mai due insieme.
E se mamma e papà parlano lingue diverse? Se mamma e papà parlano lingue diverse si può proporre al bambino un'educazione bilingue, con ciascun genitore che gli parla nella sua lingua, permettendogli di apprenderle entrambe con naturalezza. Il bilinguismo comporta apertura mentale, potenziamento dell'attenzione selettiva e capacità anticipatorie. Però può sorgere qualche difficoltà: è possibile che i bimbi bilingue comincino più tardi a parlare e, nei primi anni, per ciascuna lingua padroneggino meno parole rispetto ai coetanei monolingua.

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