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Amniocentesi: quando, come e perché

Tutto quello che c'è da sapere per scegliere consapevolmente

Amniocentesi: quando, come e perché
L’amniocentesi è a oggi l’unica tecnica diagnostica prenatale che permette di determinare con certezza se il feto è portatore di un’alterazione cromosomica oppure di una specifica malattia genetica. Si effettua a partire dalla 15a settimana di gravidanza e consiste nel prelievo di un campione di liquido amniotico con un ago attraverso l’addome e la parete dell’utero.
Trattandosi di un esame invasivo comporta un rischio, piccolo ma non nullo, di provocare accidentalmente l’interruzione della gravidanza. Spetta alla futura mamma, debitamente informata dallo specialista, valutare pro e contro della procedura nel suo caso specifico e decidere se sottoporsi o meno all’esame.

In quali casi è raccomandata

Oggi in Italia l’amniocentesi viene offerta gratuitamente a tutte le donne in attesa che al momento del concepimento hanno un’età uguale o maggiore di 35 anni. “La ragione di questa scelta sta nel fatto che il rischio di alterazioni nel numero o nella struttura dei cromosomi fetali aumenta con l’aumentare dell’età materna”, spiega il ginecologo Domenico Arduini, presidente del comitato scientifico di ASM, l’Associazione per lo Studio delle Malformazioni. Va detto, però, che la maggioranza delle mamme un po’ avanti con gli anni ha bimbi perfettamente sani e che, viceversa, non si può escludere il rischio di cromosomopatie anche quando la donna è giovane.
Per questo le linee guida per l’assistenza alla gravidanza fisiologica pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità raccomandano a tutte le mamme in attesa, indipendentemente dall’età, di sottoporsi a bitest e misurazione della traslucenza nucale, due esami di screening non invasivi che forniscono una stima del rischio di anomalie cromosomiche, e sulla base del risultato di questi decidere in accordo con il medico se far ricorso o meno all’amniocentesi. Se i due esami di screening forniscono una stima di rischio elevato, l’amniocentesi è gratuita.
Ci sono poi le malattie genetiche, dovute cioè ad anomalie di uno o più geni. “L’amniocentesi è consigliata quando uno o entrambi i futuri genitori hanno familiarità per una patologia di questo tipo”, spiega Arduini. “Si consulteranno allora con un genetista che prescriverà la ricerca specifica della mutazione patologica ricorrente nella loro famiglia, per determinare attraverso l’amniocentesi se il feto è portatore di quella mutazione oppure no”.
L’amnio è gratuita, indipendentemente dall’età materna, in caso di familiarità per una malattia genetica o di precedenti gravidanze con feti portatori di una patologia genetica.

Come e quando si fa

L’esame si esegue a partire dalla 15a settimana di gravidanza. Consiste nel prelievo di 20-25 millilitri di liquido amniotico con un ago sottile attraverso la parete addominale, sotto guida ecografica. L’operatore, cioè, segue il percorso dell’ago sullo schermo del monitor, servendosi della sonda ecografica appoggiata sull’addome materno, per tenerlo a distanza dal feto.
Le cellule fetali presenti nel campione di liquido vengono poi coltivate in vitro per 10-15 giorni e infine sottoposte a esame dei cromosomi per rilevare eventuali anomalie o alla ricerca di specifiche mutazioni genetiche. È possibile avere un risultato rapido dell’esame, entro 24-48 ore dal prelievo, relativo però solo alle più frequenti anomalie cromosomiche: le trisomie 21, 18, 13 e le alterazioni dei cromosomi X e Y, in attesa del risultato completo.
Dopo il prelievo, la donna viene invitata a riposare distesa sul lettino per 10-15 minuti. In quel lasso di tempo può avvertire un fastidio simile al dolore mestruale, dovuto alle contrazioni del tessuto muscolare uterino sollecitato dal passaggio dell’ago. Per i successivi due giorni dovrà astenersi da attività fisiche impegnative. Trascorse 48 ore, il pericolo di abortività dovuto al prelievo è superato.
“Dai documenti ufficiali del Ministero della Salute risulta che il rischio di interruzione accidentale della gravidanza dovuto ad amniocentesi è dello 0,5-1%”, dice Arduini. “Secondo la letteratura scientifica più aggiornata, invece, va dallo 0,1 allo 0,5%. Dipende dall’esperienza e dalla manualità dell’operatore che effettua il prelievo. Per avere la certezza della massima sicurezza, la donna che sta per sottoporsi ad amniocentesi deve chiedere che nel documento del consenso informato sia indicato espressamente il rischio personale dell’operatore e non quello medio della struttura alla quale si è rivolta. È un suo diritto”.

Quali informazioni fornisce

A tutt’oggi conosciamo circa 5.000 malattie genetiche e 316 patologie cromosomiche”,spiega Domenico Arduini. “Tutte le eventuali anomalie del numero o della struttura dei cromosomi emergono quando si analizza il campione di liquido amniotico. È necessario, invece, effettuare una specifica ricerca per determinare mutazioni patogene a carico di singoli geni. Di solito, la donna in attesa che si sottopone ad amnio richiede solo l’esame del cariotipo, cioè l’analisi dei cromosomi. In presenza di fattori di rischio specifici, per esempio della familiarità per una data patologia genetica, si aggiunge anche la ricerca delle mutazioni per quella patologia. Il rischio che il feto sviluppi una patologia genetica ex novo, cioè senza che uno dei genitori ne sia portatore, è estremamente basso, di uno su 123 mila”.
Ci sono però alcune malattie che ricorrono più frequentemente nella popolazione, per cui il rischio è più elevato anche in assenza di precedenti noti in famiglia. “Sono la fibrosi cistica, la sindrome dell’X fragile, alcune forme di ritardo mentale, la sordità congenita, la distrofia muscolare, la distrofia miotonica, il nanismo, l’epidermolisi bollosa”, spiega il ginecologo. “Si tratta comunque di patologie con un’incidenza dell’ordine di uno ogni 10 mila nati. I centri diagnostici che offrono l’amniocentesi di solito prevedono la possibilità di effettuare la ricerca delle mutazioni responsabili di alcune o tutte queste patologie, oltre a quelle specifiche richieste dalla paziente”.
Il costo dell’esame, qualora non venga offerto gratuitamente dal servizio sanitario pubblico, cresce all’aumentare delle mutazioni che si vogliono cercare. Va da alcune centinaia di euro a più di mille. L’amniocentesi non permette di diagnosticare eventuali patologie o malformazioni di origine non cromosomica o genetica, per esempio quelle dovute a una malattia infettiva contratta in gravidanza dalla donna o all’assunzione di farmaci teratogeni.
Alcuni laboratori, poi, offrono la possibilità di sottoporre il campione di liquido amniotico a sequenziamento rapido del DNA fetale e di rilevare la presenza di mutazioni potenzialmente coinvolte in centinaia di patologie, alcune estremamente rare. È la cosiddetta super-amniocentesi, che può raggiungere il costo di 1500 euro. “Bisogna valutare con molta attenzione l’opportunità di effettuare questo tipo di esame, che oltre ad essere costoso fornisce una mole di informazioni di difficile comprensione”, dice Arduini. “È sempre necessario consultare un genetista esperto per leggere e valutare il referto”.

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