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Epigenetica: fattori ambientali in gravidanza ed effetti sul feto




Esiste una branca abbastanza recente della medicina che si chiama epigenetica. Questa disciplina si propone di studiare gli effetti sul patrimonio genetico del nascituro originati dai fattori ambientali e – con riferimento alla gravidanza – dal legame che si instaura nel periodo prenatale tra la madre che porta in grembo il feto e
quest’ultimo.
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Con l’epigenetica si vanno a descrivere tutti quei cambiamenti chimici che variano l’espressione genica pur non alterando la sequenza del DNA (ovvero cambiano il modo in cui essa viene letta, senza che siano presenti mutazioni nei geni), i quali sono ereditabili ma possono essere cancellati o modificati in risposta a diversi stimoli, inclusi i fattori ambientali.
Gli ultimi studi in questo campo hanno dimostrato che le modificazioni dell’informazione genetica che avvengono nell’embrione, in grado di esaltarne o inibirne alcune caratteristiche o funzioni, sono presenti anche nella gravidanza eterologa frutto di ovodonazione, ossia anche in assenza di un legame biologico diretto fra la futura madre e l’ovulo fecondato. Della relazione stretta che si instaura tra mamma e bambino anche nella PMA e di come influisce nel periodo della gravidanza vi avevo già parlato del resto in questo articolo su uno studio su mamme che scelgono l’ovodonazione.
L’esperienza ambientale della mamma modula la natura dei segnali epigenetici, che hanno un ruolo fondamentale in tutti i processi di riorganizzazione neurale, compresi quelli che presiedono alla plasticità cerebrale del feto.
In particolari condizioni di disequilibrio o stress della donna ad esempio, può succedere che muti lo stato fisiologico dell’endometrio e di conseguenza le sue secrezioni, le quali vengono direttamente assorbite dal nascituro.
Uno studio famoso ha riscontrato nei figli di donne scampate ai campi di concentramento nazisti, nati dopo la prigionia, i marcatori del disturbo da stress post-traumatico, come se avessero vissuto essi stessi in prima persona l’olocausto e ne subissero direttamente le conseguenze psicologiche.
Uno degli stimoli epigenetici più importanti è anche quello dell’alimentazione, determinata dalla qualità di quello che mangia la madre, che influisce sulla salute del bimbo che nascerà. Uno studio recente sui topi ha scoperto le connessioni tra la dieta alimentare, microbioma intestinale (i microrganismi presenti naturalmente nell’intestino), e l’influenza di quest’ultimo sulla trascrizione dei geni, con ripercussioni importanti sulla salute dell’intero organismo. Per esempio si è visto che i batteri che producono butirrato, sostanza antinfiammatoria a livello dei tessuti intestinali, sono meno numerosi nei soggetti affetti da diabete e malattie cardiovascolari.
I risultati conseguiti dall’epigenetica, se da una parte più che in passato rafforzano in noi specialisti in ginecologia ed ostetriciala propensione a promuovere presso le mamme in attesa – assieme ad una alimentazione equilibrata – uno stile di vita sano, lontano da stress e sedentarietà, fumo ed altre sostanze tossiche, dall’altra dovrebbero rassicurare le coppie che devono affrontare una ovodonazione, circa le preoccupazioni connesse alla mancanza di un legame biologico diretto tra mamma e feto e le ansie strettamente legate a fattori di ereditarietà.

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