Dove partorire è una decisione importante per tutte le donne. Le esigenze, in materia, sono le più varie.
Come regolarsi? Quale struttura scegliere? Per orientarsi al meglio si può far riferimento al portale
www.doveecomemicuro.it. Che ha stilato una graduatoria degli ospedali di qualità. Considerando, nella sua valutazione, i dati validati e diffusi dal Pne. Ovvero dal
Programma nazionale esiti 2017, gestito dall’Agenas per conto del ministero della Salute. “Le autorità ministeriali hanno stabilito alcuni punti fermi che consentono di valutare la bontà di una struttura”, spiega
Elena Azzolini, medico specialista in sanità pubblica e membro del comitato scientifico del portale. “In base all’accordo Stato-Regioni i punti nascita devono eseguire
almeno mille parti annui. I volumi di attività, infatti, possono avere un impatto rilevante sull’efficacia degli interventi e sull’esito delle cure”. Ma non è tutto.
Dove partorire, pesano i cesarei
Un altro elemento centrale, infatti, “è la giusta proporzione dei
tagli cesarei“, continua Azzolini. “Che, rispetto a quelli naturali, comportano maggiori rischi per la donna e per il bambino. E che dovrebbero essere effettuati solo in presenza di
indicazioni specifiche“. I valori massimi fissati dal ministero sono il 25% per gli ospedali che effettuano oltre mille parti l’anno e il 15% per tutti gli altri. Ulteriori aspetti da prendere in considerazione al momento di decidere sono la disponibilità dell’
analgesia naturale 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, della terapia intensiva neonatale, del servizio di rooming-in. Ma anche della vasca per il parto in acqua, della possibilità di raccogliere il sangue del cordone ombelicale e dei
Bollini Rosa di Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna), che segnalano l’attenzione della struttura per le esigenze femminili. Tutti elementi che entrano nelle valutazioni e nelle graduatorie di doveecomemicuro.it.
Le graduatorie nazionali
Le prime cinque strutture per
volume complessivo di parti annui sono il Sant’Anna di Torino (7.052), il Maggiore Policlinico di Milano (5.906), il San Pietro Fatebenefratelli di Roma (4.441), il Papa Giovanni XXIII di Bergamo (4.235) e il Policlinico universitario Gemelli di Roma (4.219). Buone performance nel numero di
tagli cesarei, invece, sono ottenute dal Filippo del Ponte di Varese (6,01%), dall’Ospedale dei bambini Vittore Buzzi di Milano (9,1%), ancora dal Papa Giovanni XXIII di Bergamo (14,19%) e da due strutture bolognesi, il Policlinico Sant’Orsola (14,54%) e l’Ospedale Maggiore Pizzardi (16,18%). Sono questi i nosocomi dove partorire è più sicuro.
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Altre valutazioni
Solo il 38% delle 461 strutture italiane rispetta le soglie ministeriali sulla quantità di parti annui. E solo il 58% è in linea con i valori di riferimento per i cesarei. Le performance migliori si registrano al Nord (rispettivamente, 43% e 63%), seguono il Sud (34% e 18%) e il Centro (22% e 19%). In particolare, sono ancora troppi i reparti che accolgono meno di 500 nascite. E che, secondo il già citato accordo Stato-Regioni del 2010, dovrebbero essere chiusi. Stiamo parlando di 97 realtà (nel 2016), pari al 21% del totale. Il dato positivo è che si sono ridotte di circa un terzo in sei anni (erano 155 nel 2010). Di questo passo, l’obiettivo sarà raggiunto nel 2028. Un po’ tardi, senz’altro. Ma i tempi della politica sanno essere infiniti.
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